Matthieu Ricard è l’uomo più felice del mondo e afferma che si può insegnare alla nostra mente l’abitudine alla felicità, per raggiungere un vero senso di serenità e di soddisfazione.
Matthieu Ricard e Sua Santità il Dalai Lama
Di lui, biochimico francese, monaco buddista e khenpo (abate) del monastero di Shechen, Nepal, si parla molto ultimamente, ci sono video su You Tube (vedi “ultimo video” nella home page) si trovano interviste su giornali e riviste di ogni genere, perchè essere veramente felici oggi, fa notizia. La novità è che oggi le neuroscienze sono giunte a definire i parametri biochimici e fisiologici della felicità e affermano che la felicità esiste scientificamente in quanto si può misurare. Lo stato di beatitudine di Matthieu Ricard è stato rilevato da 256 elettrodi posti sul suo cranio da scienziati dell’Università del Wisconsin. I risultati hanno mostrato un livello elevato di attività nella zona del cervello connessa con l’emozione positiva. I volontari, precedentemente sottoposti a questo esperimento, avevano riportato valori tra +0,3 di disperazione e -0,3 di beatitudine, lui è arrivato a -0,45, il risultato più alto mai registrato prima.
Matthieu Ricard è un celebre meditatore, in 40 anni ha accumulato più di quarantamila ore di meditazione, “meditare è mirare a uno stato di lucidità, compassione e pace interiore immenso da cui affrontare le difficoltà. Pensiero, parola e azione sono allora sempre adeguati, e perciò fonte di bene per sé e per gli altri, invece che di stress”.
Trovo sia molto incoraggiante sapere che la pratica/training meditativo può stabilizzarci nella felicità, nel ben-essere, però dobbiamo insegnare alla nostra mente l’abitudine alla felicità, questo perché come spesso accade, anche se cerchiamo di evitare la sofferenza, a volte le corriamo incontro e quando cerchiamo la felicità, sembra che ci voltiamo dall’altra parte.
Non è facile distinguere tra piacere e felicità, il piacere è legato ad un oggetto, ad un luogo, ad un momento, è qualche cosa che cambia per sua natura, mentre “la felicità o ben essere è un profondo senso di serenità e di completezza, non è niente di superficiale, è una condizione che continuamente pervade e sottende tutti gli stati emozionali e tutte le gioie e dolori che possono arrivare.”
A questo punto la domanda è, come possiamo essere felici mentre siamo tristi?
Ricard spiega che è una questione di livelli, di profondità e di superficialità e fa una bellissima similitudine con le onde del mare, quando siamo sulla cresta dell’onda siamo esultanti, quando siamo sul basso dell’onda e sbattiamo sul fondo o sulle rocce stiamo male, cadiamo in depressione. In alto mare, può esserci anche una gran tempesta, ma nella profondità dell’oceano permane la calma, sempre e non cambia nonostante la tempesta in superficie, perciò è sulla profondità che dobbiamo lavorare.
Ma in concreto cosa significa e che legame c’è con la meditazione?
Ha a che fare con la nostra abitudine a cercare al di fuori di noi la soluzione dei nostri problemi e con il fatto che la mente “traduce” le condizioni esterne in felicità o sofferenza.
Ma come per esperienza già sappiamo, il controllo del mondo esterno è limitato, temporaneo e spesso illusorio. Per questo dobbiamo investire su di noi, anzi dentro di noi, aumentando la ricchezza interiore, quella che i greci chiamano eudaimonia (il sommo bene) con sensazioni, emozioni ed azioni di generosità, compassione ed amorevolezza e non alimentare rabbia, odio, invidia, gelosia, arroganza. Queste sensazioni/emozioni invadono la nostra mente, si traducono in parole ed infine si trasformano in atti, è una reazione a catena, più siamo avviliti più siamo tormentati, più agiamo disinteressatamente più stiamo meglio e veniamo pervasi da un gran senso di soddisfazione.
Ciò che più ci interessa è sapere se è possibile cambiare le nostre emozioni, i nostri sentimenti, il nostro atteggiamento, il nostro agire.
“Sì è possibile farlo, perché tutte le emozioni sono transitorie, noi non siamo sempre e solo arrabbiati, gelosi, aggressivi, gioiosi, generosi. Questa è la base per allenare la mente.”
Ricard parla anche di antidoti naturali per le emozioni distruttive e non si tratta di provare benevolenza e bontà contro l’odio o di porgere l’altra guancia, come fosse facile… ma di portare l’attenzione sulle nostre emozioni, prenderne consapevolezza e osservare cosa succede in noi. Di solito quando siamo infastiditi, sconvolti o ossessionati da qualche cosa, la mente torna continuamente a quella cosa, la rinforza e così sorge un processo che si autoalimenta. Fermarsi a guardare quello che c’è e farlo più volte, sempre più spesso, osservare la propensione alla tristezza, la tendenza alla rabbia, alla paura, iniziare a vedere, come in un film, come in uno specchio, le conseguenze di queste emozioni, delle azioni e degli atteggiamenti, permette di rendersi conto che il nostro agire e sentire è sempre uguale, è la legge di causa effetto: se mi sento così e agisco in questo modo, succederà quella cosa e mi sentirò in quello stato. Certo ci vuole del tempo, per prendere le distanze e osservare senza giudizio, senza sofferenza e insofferenza, le abitudini si cambiamo lentamente, “ma questa è l’unica strada da percorrere; la trasformazione della mente è il vero significato della meditazione. Significa acquisire l’abitudine ad un nuovo modo di essere, di percepire la realtà, che è più di un semplice adeguamento, è interdipendenza con un flusso continuo di trasformazione e consapevolezza.”
La buona notizia è che il nostro cervello ha una sua plasticità, è stato pensato per essere flessibile e le scienze cognitive hanno scoperto che tale capacità va ben oltre l’età giovanile, con l’allenamento crescono e si consolidano le connessioni sinaptiche e questa possibilità vale anche per le qualità umane.
Dagli studi fatti sui grandi monaci meditatori, che hanno in attivo 20/40.000 ore di meditazione, la scienza ha dimostrato che lo stato di compassione incondizionata esiste.
La mente dei monaci è nella condizione in cui non c’è null’altro che amorevole gentilezza, la totale disponibilità ad essere consapevoli.
Difficilmente noi riusciremo a raggiungere un monte ore di meditazione così elevato, però è anche vero che siamo facilmente pronti ad utilizzare il nostro tempo per la salute fisica, per mantenere la nostra bellezza e giovinezza, per implementare la nostra educazione e conoscenza, ma dedichiamo pochissimo tempo per prenderci cura di ciò che conta di più: la qualità della nostra vita e questo è un controsenso, perché senza la gioia, la compassione, l’amore la vita non è Vita.
Marzia Defendi